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Catania – La festa di Sant’Agata


Busto di Sant'Agata

Tre giorni di culto, di devozione, di folclore, di tradizioni. Per tre giorni la gente sciama nelle vie e nelle piazze. Devoti o curiosi si contano a migliaia. Sono giorni di solennità, in particolare, quando Sant’Agata il 4 e il 5 febbraio nel suo argenteo fercolo “a vara” va tra la sua gente, attraversa i quartieri popolari e quelli alti. Catania, rinata molte volte da devastanti terremoti e eruzioni dell’Etna, ha tributato alla Patrona chiese e monumenti tra i piu’ belli e prestigiosi. Oggi si possono ammirare nella salita dei Cappuccini, all’interno della chiesa di Sant’Agata al Carcere, i ruderi del III secolo d.C. che contengono la prigione dove Sant’Agata patì il martirio e vi spirò. Mentre la Basilica Cattedrale conserva le relique in pregevoli lavori di oreficeria opere del Di Bartolo come il busto e lo scrigno, la chiesa del Sacro Carcere rappresenta il centro del culto agatino, la storia vivente del martirio, della vicenda agatina. Nel tempio, oltre alla buia stanzetta, si può vedere la lastra lavica in cui sono impresse le orme dei piedi. In questo tempio, che presto sarà santuario, il catanese ritrova la sua identita’ spirituale.

La prima giornata, il 3, si sviluppa in tre momenti: la lunga e solenne processione del mezzogiorno per l’Offerta della cera, a cui partecipano le più alte autorità cittadine civili, religiose e militari con i gonfaloni del Comune, della Provincia e dell’Università. Dalla Chiesa di Sant’Agata alla Fornace alla Basilica Cattedrale la processione “taglia” due ali di folla incredibile. Chiudono le undici candelore, espressioni delle corporazioni dei mestieri cittadine, e le due carrozze del Senato catanese, il “Senato” di una volta, formato dal patrizio (il sindaco) e dai giurati (assessori). Nel pomeriggio alle 15 il trofeo podistico internazionale Sant’Agata con i campioni del cross mondiale tra strade antiche e moderne del centro. Infine la sera, dopo le 20 il grandioso spettacolo di fuochi artificiali in piazza Duomo.

Il 4, migliaia di catanesi di buon mattino affollano la Basilica Cattedrale per il primo incontro con la Santa.

Il Duomo di Catania

L’atmosfera é fortemente emotiva. Sant’Agata viene portata dai devoti infagottati nel “sacco”, che probabilmente rimanda alla tunica bianca dell’antico rito in onore di Iside, del cui culto Catania fu sede importante secoli prima dell’avvento dell’era cristiana. Prima sull’altare centrale poi sulla “vara”, il fercolo, in un ondeggiare del suo busto, ricoperto di gioielli, donati anche da re e imperatori, tra cui la croce offerta da Vincenzo Bellini, procede simile a una barca con mare mosso, e tra battimani e sventolii di fazzoletti bianchi, che compongono come un volo di gabbiani, si incastona tra i fregi e le decorazioni del barocco urbano. Dopodiché il fercolo con il busto reliquario di Sant’Agata e lo scrigno argenteo, di fine oreficeria, con le rimanenti reliquie, inizia il giro esterno (dei “viddani”) attraversando le vie della città. Un passaggio atteso e’ quello che va da piazza Carlo Alberto sino a piazza Stesicoro. Nei luoghi più cari ai catanesi, luoghi del culto, tra queste mura antiche Sant’Agata subì il carcere e il martirio, e dove, dopo atroci sofferenze, morì. La sera il percorso nella Catania popolare: via Plebiscito, Fortino, S. Cristoforo. In questi quartieri la festa viene vissuta in modo diverso. Case aperte, illuminate, festanti. Musiche, bancarelle con torrone, griglie mobili per arrostire carne di cavallo arrosto. Grandi fuochi d’artificio prima del rientro.

Neppure il tempo di qualche ora di sonno perchè nella tarda mattinata (siamo al giorno 5, al clou della festa) si celebra il pontificale presieduto da un prelato inviato appositamente. Al tramonto ha inizio la seconda parte del giro della Patrona per il centro della citta’, nella Catania antica. Il fercolo procede per via Etnea, il “salotto” cittadino. Le undici candelore parate a festa aprono la processione. Suona la campana del Comune per annunziare l’omaggio del Sindaco alla padrona.
Ci vogliono forti braccia e gambe salde per tirare le tonnellate e tonnellate della “vara”. Ma è un segno d’amore e di devozione che non può mancare. Il vero Capodanno per i catanesi è il 5 Febbraio e tutti i contratti, un tempo avevano come punto di riferimento e di partenza questa data.

 

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